giovedì, dicembre 29, 2005

Empirismo.


Attualmente si ritiene che la medicina cinese abbia avuto origine da una serie di scoperte empiriche che, sistematizzate per secoli, hanno dato corpo ad una teoria fisiologica ispirata ai concetti filosofici orientali. A dire il vero non sono molto d'accordo con questa opinione. Mi spiego: 'empirico' significa sostanzialmente non-scientifico, indica cioè una conoscenza acquisita attraverso la pratica. Per fare un esempio possiamo ricordare quella storia secondo la quale, in Cina, un guerriero con un gran dolore ad una gamba fu colpito durante una battaglia da una freccia che lo ferì lievemente vicino al tallone; con sua grande sorpresa il dolore alla gamba diminuì e addirittura guarì. Questo episodio viene citato da qualche autore come emblematico della nascita dell'agopuntura: casualmente, insomma, venne scoperto che la puntura su una certa zona del corpo produceva un certo effetto e soltanto successivamente, attraverso una serie di osservazioni su casi analoghi, si sistematizzò la conoscenza e venne fuori il quadro teorico. Personalmente ho un'impressione diversa. La mia opinione è, naturalmente, indimostrabile, ma potrebbe essere considerata plausibile facendo una riflessione sul concetto di scienza nelle culture antiche: secondo me, a ben vedere, in queste culture la conoscenza veniva prima dell'esperienza concreta, derivando da una comprensione 'meditativa' e intuitiva della vita. Voglio spingermi ancor più in là: ritengo addirittura possibile che gli antichi cinesi percepissero il percorso dei canali energetici, che li vedessero... Quindi la loro 'scienza' non era tanto 'empirica', quanto profondamente connessa con la filosofia e derivante dalla consapevolezza di livelli di realtà che oggi non siamo più in grado di percepire o dimostrare. Naturalmente questa è un'ipotesi che la scienza odierna considererebbe quantomeno 'fantasiosa' e completamente al di fuori dalla realtà. Può darsi, ma non è così per me: questi tipi di ipotesi si ricollegano con altre e chiariscono molte cose che, altrimenti, risulterebbero incomprensibili o apparirebbero come troppo semplicistiche...

venerdì, dicembre 23, 2005

Fantasie yin-yang natalizie.



Poiché l'ottica yin-yang è particolarmente affascinante, non è difficile che - per gioco oppure sul serio - chi se ne interessa tenda ad applicarla ai campi più diversi, forse talvolta indebitamente, esagerando un poco. D'altra parte è anche un esercizio intellettuale, e non credo che sia particolarmente sbagliato, soprattutto quando si sa che ogni ragionamento in questo campo è relativo e può essere messo in discussione. Ebbene, lo confesso: quando mi trovo di fronte ad un binomio, ad una polarità, ad una coppia di concetti o di fenomeni, personalmente tendo ad interrogarmi su quale dei due termini è yin e quale yang. Essendo in periodo pre-natalizio, confesso anche un'altra cosa: da molti anni mi chiedo (mi vergogno un pò a scriverlo così, pubblicamente, ma lo faccio ugualmente per amore di condivisione) quale fra Albero di Natale e Presepe è più yin, quale più yang...! Intendo come fenomeni di costume, culturali, come simboli: non si può negare che essi, oggi, siano un binomio inscindibile e, quindi, rappresentino i termini di una polarità complementare. Ecco, allora, le mie fantasticherie al riguardo. L'Albero, verticale, rappresenta l'Asse del Mondo, il collegamento fra Cielo e Terra. Le sue luci, le palle colorate, gli oggetti, rappresentano i frutti che originano da questo legame fra Alto e Basso. In questo senso l'Albero è la Terra che, ricettiva al richiamo del Cielo che si produce durante il solstizio d'Inverno (rinascita della luce), si protende verso di esso offrendo tutte le sue possibilità, il suo nutrimento, i suoi frutti: una metafora dell'evoluzione della vita. Direi quindi che l'Albero, come espressione dell'energia della Terra, è yin. Il Presepe invece si collega facilmente al simbolismo della caverna, del ventre, del cuore. La sua dimensione è orizzontale, con i pastori, gli animali, le case, i paesaggi, che convergono tutti verso la grotta della natività. E' il Cielo che si incarna sulla Terra, che si manifesta. Il Presepe come forza celeste, come luce che appare, è yang. Tuttavia, nonostante queste a me sembrino le valenze principali, cioè quelle che descrivono il significato essenziale dei due simboli, la loro struttura - come forse avrete notato - è di segno opposto. Il Presepe, strutturalmente, essendo orizzontale come la Terra (è un paesaggio), essendo un ventre femminile nel quale e dal quale si produce la nascita, è yin. E' il corpo e la materia dove viene ad albergare la luce. Nello yin, insomma, si produce lo yang. L'Albero strutturalmente è yang, perché è verticale e ripropone l'altezza del Cielo, perché è un Asse che assomiglia alla spina dorsale (Du Mai), lungo la quale - sia nello Yoga che nel Qigong - ascende l'energia. In questa dimensione verticale e spirituale (yang) la materia (yin) produce frutti e si esprime.

martedì, dicembre 20, 2005

Stagioni ed esseri viventi.


Sappiamo che, per definizione, l'inverno è la stagione più yin: freddo, chiusura all'interno, 'morte' in senso più o meno lato (per esempio della vegetazione), buio. Teniamo anche presente che secondo la logica cinese antica l'inizio delle stagioni non coincide - come per noi - con i solstizi e gli equinozi, bensì questi ne sono il centro. L'inverno cinese, dunque, inizia circa un mese e mezzo prima del 21 dicembre, con piccole variazioni annuali: cioè in una data intorno ai primi giorni di novembre. Quindi la stagione comprende effettivamente tutta la fase della dissoluzione della vita naturale.

Ora osserviamo cosa accade agli esseri viventi durante questa stagione così yin: si proteggono, si contraggono, eliminano il superfluo - per esempio i liquidi, cercano e custodiscono il calore. In pratica, per equilibrarsi rispetto alla stagione invernale, ne valorizzano gli aspetti yang e tendono a diventare essi stessi più yang - più forti, attivi, caldi. Altrimenti non sopravvivrebbero! Se volessimo visualizzare il simbolo yin-yang, quello con la linea sinuosa che divide la parte chiara da quella scura e con il punto di colore opposto e complementare all'interno di ognuna, potremmo dire:
quando la parte oscura dell'ambiente naturale è al suo massimo, quindi in inverno, yin, gli esseri sono rappresentati dal punto chiaro, quindi sono yang;
quando, viceversa, la parte chiara ambientale raggiunge il suo massimo in estate, yang, gli esseri viventi si equilibrano diventando yin, quindi nello schema sono il punto oscuro.

martedì, dicembre 06, 2005

Breve divagazione su sogno e morte.


L'attività onirica, come già rappresentato, è yin rispetto alla vita di veglia attiva e concreta. Anche la morte è yin: gli elementi che costituivano quell'aggregato di coscienza e di costituenti più o meno materiali che è l'essere vivente si disgrega, e la dissoluzione è propriamente yin. E' yin anche il corpo che rimane, perché inattivo, mancante di energia spirituale, materico. La parte eterica di questo corpo è yin perché destinata - dopo un processo più o meno lungo - a disfarsi: è soltanto un simulacro, debole e inconsistente. Rimane un'anima-yang, luminosa e forte, non soggetta a decadimento, che ritorna alla sorgente-yang delle cose - il Cielo archetipico - per rigenerarsi. In un secondo tempo, avendo recuperato e rinnovato l'interezza della sua energia, ridiventa pienamente creativa e attiva, yang, ritrovando l'aspetto, la forma e il corpo di manifestazione.

giovedì, novembre 24, 2005

Interpretazione dei sogni.


Sia nella meditazione orientale che nelle tecniche auto-conoscitive sviluppate in occidente, credo che il tentativo sia sempre lo stesso: portare alla coscienza ciò che invece normalmente rimane sommerso. Nel linguaggio dei Wu Xing (Cinque Elementi) possiamo dire che si cerca di potenziare lo Shen, il Fuoco, la consapevolezza. Le tecniche orientali almeno ad un primo esamesono più 'yin', perché fortemente incentrate sull'abbandono, sul lasciare essere, sul non-agire. Quelle occidentali, invece, sono attive e - spesso - invasive, scompongono, analizzano, interpretano: essendo così direzionate sono più 'yang'. Oggi siamo nell'epoca della comunicazione globale e quindi - al di là dei rischi, dei guasti e dei lati negativi che sono davanti agli occhi di tutti - siamo di fronte al più vasto tentativo di integrazione della storia conosciuta. Il significato profondo della nostra epoca ci impone di ricercare la Via centrale, quella che tiene conto delle opposte culture e riesce a fonderle in una visione più ampia.Tornando al sogno e ai 5 elementi, direi che l'esperienza onirica nella sua totalità potrebbe corrispondere all'orbita dell'Acqua: fluida, mutevole, vitale, incontrollabile e, soprattutto, oscura, notturna, lunare, inconscia, yin. Questo potenziale, come per un'opera alchemica, va mutato in coscienza e consapevolezza: Shen, Fuoco, Sole. Ciò avviene attraverso la memoria del sogno (Hun, Legno, emersione dal profondo e dall'oscurità), il suo racconto (linguaggio, comunicazione, Fuoco), l'eliminazione dei dati meno pertinenti e la scelta e tesaurizzazione di quelli essenziali(Metallo, purificazione e raccolta), fino ad arrivare alla comprensione del sogno, cioè alla sua fruizione, all'utilizzo del suo significato riposto (Terra, centro, Via di mezzo, nutrimento). Questo tipo di procedimento, naturalmente, può applicarsi in generale alla dinamica autoconoscitiva, dove il punto di partenza è il 'sogno' in quanto 'illusione', 'ignoranza fondamentale'. Questo non priva di valore il sogno, e neanche l'illusione (Maya della filosofia indiana), ma riconosce in loro la qualità di 'fluido primordiale', di punto di partenza insomma per il lavoro dell'evoluzione. L'Acqua (illusione, desiderio, sogno, pulsione, specchio) è anche 'Acqua di Vita', e senza di essa non sarebbe possibile alcunché.

Sogni e yin-yang.


Il sogno è così affascinante perché costituisce un processo psichico sul quale non abbiamo controllo: pur riguardando la mente e la consapevolezza, il mondo onirico è un pò come quello dei processi fisiologici e biologici, al di fuori del controllo cosciente, quindi risulta misterioso e oscuro. Direi che è 'yin' rispetto alla coscienza di veglia, sicuramente più 'yang'. E' luna rispetto al sole, acqua rispetto al fuoco, specchio riflettente di fronte a soggetto luminoso. Difatti ci si 'specchia' nel sogno, da sempre si cerca di conoscere sé stessi per suo tramite. Anzi, potremmo dire che quando la coscienza ordinaria si apre al mondo onirico crea una sorta di equilibrio, di fusione fra gli opposti, che riproduce la comunicazione complementare yin-yang, Terra-Cielo, e, dunque, il cosiddetto stato 'naturale' dei taoisti, insomma la salute. Proprio questa integrazione fra osservatore (yang) e cosa osservata (yin), soggetto e oggetto, saggezza ed esperienza, hsing (spirito) e ming (vita), è alla base di molte delle tecniche alchemiche taoiste e orientali in genere, comprendendo anche lo yoga cinese e indiano, il buddismo, eccetera. Tutto ciò è talmente vero che il concetto di sogno può allargarsi, secondo queste discipline, abbracciando l'intera vita, l'intera manifestazione universale, nella quale la coscienza si specchia e si immerge per conoscere e ritrovare sé stessa. Ricordiamo anche Zhuang Zi (Chuang Tzu) che, sognando di essere una farfalla, al risveglio non sapeva più se era un uomo che aveva sognato d'essere la farfalla o la farfalla che ora sogna di essere l'uomo: nel paradosso del maestro taoista intravediamo la fusione e l'inseparabilità di yin-yang, dove consapevolezza soggettiva ed esperienza oggettiva non possono mai davvero essere separate perché, in fondo, sono la medesima cosa. Noi, dunque, siamo sogno, e il sogno è noi stessi. Possiamo dire che proprio per questi motivi gli eventi onirici possono essere guida alla diagnosi e alla terapia, perché rappresentano l'aspetto complementare della vita di veglia e ad essa corrispondono perfettamente, come la 'fodera' alla 'veste', 'li' a 'biao' – per utilizzare termini della medicina cinese. Anzi, mi azzarderei a dire che il sogno reso consapevole, lasciato emergere dalla profondità, è esso stesso terapia, senza bisogno di particolari interventi direzionatori da parte del sognatore o di un interprete esterno: l'emersione del sommerso e l'approfondimento del superficiale sono già, di per sé, via sicura d'integrazione ed equilibio.

Medici scalzi.


Non sono propriamente un operatore nel campo della Medicina Tradizionale Cinese, però mi occupo dell'argomento da tanti anni, a livello personale e come ricercatore interessato ai vari aspetti della tradizione orientale: religioni, filosofie, tecniche conoscitive e terapeutiche. In particolare, rispetto all'agopuntura, ho avuto diverse esperienze come paziente, ma anche come terapeuta negli anni in cui in Italia non c'era ancora una precisa legislazione e il settore non era ancora riservato ai soli medici. Anzi, si andava quasi fieri - con la protervia e l'ingenuità tipica dell'entusiasmo rivoluzionario di quel periodo (anni '70, primi '80) - di dichiararsi 'non-medici', 'medici-scalzi', quasi che la definizione richiamasse in qualche modo la 'non-azione' dei taoisti e l'umile libertà dei 'pellegrini d'Oriente' (per dirla con Hermann Hesse). Naturalmente oggi è tutto diverso, e preferisco identificarmi semplicemente come un appassionato di tematiche legate a tradizioni che, magari, attraverso un'integrazione, una 'conjunctio oppositorum', possano arricchire il nostro punto di vista di occidentali 'moderni'. Come appartenenti alla società del benessere (o del post-benessere!), potremmo cercare di concepire nuove forme di 'bene-essere', di star bene, e probabilmente l'Oriente - al di là degli approcci superficiali o delle fascinazioni passeggere - ha ancora molto da insegnare.

Grande Muraglia.


Una volta lessi un interessante giudizio sulla civiltà cinese, riguardante la sua capacità di introiettare le culture straniere integrandole e trasformandole. Si diceva - a titolo esemplificativo - che la Grande Muraglia non aveva mai avuto storicamente, all'opposto di quanto comunemente si pensa, la funzione di impedire agli invasori mongoli di penetrare in Cina, tutt'altro: era invece facilmente valicabile e, essendo troppo lunga, non era concretamente difendibile per tutta la sua straordinaria estensione. Però una funzione l'aveva lo stesso, importantissima: quella di creare una separazione simbolica, un confine al di fuori del quale c'erano i non-cinesi e all'interno la Cina Imperiale. Quando i mongoli riuscivano a penetrare nel territorio raggiungendo e conquistando la capitale, accadeva che nell'arco di una sola generazione finissero con l'assumere nome cinese, lingua cinese e cultura cinese, cioè venivano perfettamente integrati, mentre la Cina rimaneva sé stessa a dispetto degli invasori! Anche oggi, forse, sta accadendo qualcosa di analogo: la Cina sta accogliendo l'economia di mercato e la mentalità dell'occidente, anche la medicina scientifica occidentale, pur conservando la propria identità 'comunista' (odierna Grande Muraglia politica?) e recuperando la propria tradizione millenaria. Cosa succederà? Cosa diverrano in Cina gli 'invasori' venuti dall'Occidente? Chissà, forse la flessibilità di una grande antichissima cultura può, se non altro, far fruttificare i semi di un occidente che oggi ha perso gran parte del suo potenziale propulsivo e della sua idealità, restituendoli come giovani piante di qualcosa di nuovo...

Esterno-interno.


Nella Medicina Tradizionale Cinese, se ho correttamente compreso, la parte 'Nei' (interna) è più importante di quella 'Wai' (esterna), perché si occupa delle cause profonde della malattia, mentre l'altra è più in relazione con gli effetti o con le cause secondarie. Da quello che ne so il concetto è ripreso anche nelle arti marziali - Wu Shu - dove esistono discipline 'interne' (Taiqi, Qigong) che si basano sull'armonizzazione degli organi zang-fu e della mente, e discipline 'esterne' che invece mirano di più allo sviluppo e all'utilizzo della forza muscolare (Gong Fu). Anche nell'organizzazione militare e statale antica troviamo questa importante ripartizione. Per esempio i mongoli, i 'barbari' che tentavano di invadere la Cina, erano 'esterni', mentre la popolazione cinese era 'interna' (alla Grande Muraglia). E qui assistiamo ad un curioso (quanto frequente) ribaltamento dei concetti yin-yang, che testimonia la flessibilità e la possibile ricchezza dialettica del sistema: gli invasori erano considerati 'yin' pur essendo all'esterno, mentre i cinesi erano 'yang' all'interno. Questo perché i primi rappresentavano le forze dell'oscurità, della destabilizzazione, della disgregazione (yin). Quindi, in questo caso, 'esterno' somiglia all''esteriore' della nostra cultura, con i significati di dispersivo, accessorio, superficiale; 'interno' si avvicina ad 'interiore', con il senso di 'primario', 'centrale', 'spirituale'. Ho il sospetto che anche 'Nei' e 'Wai' dei Classici di medicina e delle arti marziali possano avere la stessa valenza: yang-luce-forza all'interno e yin-buio-corpo all'esterno. Una delle spiegazioni di questa caratteristica inversione di localizzazione dello yin e dello yang, la possiamo trovare nella filosofia e nella rappresentazione dell'universo secondo i cinesi: la Terra, infatti, 'sostiene', e il Cielo 'copre'. La Terra, il contenuto della manifestazione universale, mostra il lato esterno (corpo, materia), mentre il Cielo, 'contenitore' dell'universo, mostra il suo lato interno (spirito, energia). Lo vediamo nel cerchio (Cielo) che contiene il quadrato (Terra) raffigurato anche nelle antiche monete cinesi: fra il perimetro del cerchio e il quadrato c'è tutto lo spazio cosmico con i 10.000 esseri. Il cerchio-Cielo è all'esterno e mostra il lato interno, il quadrato-Terra è all'interno e mostra il lato esterno. Ambedue, aggiungerebbe un buddhista cinese, sono a guardar bene 'vuoti': oltre il perimetro esterno della moneta cinese c'è infatti il vuoto, oltre quello interno c'è il vuoto (la moneta è bucata al centro), quindi Cielo e Terra sono entrambi illusori. Qui mi fermo, perché mi rendo conto che a questo punto si può diventare molto, molto disorientati, a meno di non avere a disposizione e saper usare uno di quegli antichi 'pallottolieri' complicatissimi con i quali i cinesi facevano i calcoli astronomici, matematici, astrologici con una rapidità e una sicurezza sorprendenti.

lunedì, novembre 21, 2005

Indipendenza.


Certo è che, almeno apparentemente, sullo yin-yang c'è una grande confusione, una congerie di opinioni differenti e contrapposte: l'opinione della medicina cinese, dell'I Ching, quella della scuola macrobiotica, quella del tradizionalismo esoterico di Renée Guenon, e chissà quanti altri punti di vista. Ecco, si tratta proprio di questo: a mio parere ogni punto di osservazione ha una sua validità, una sua aderenza alla verità delle cose. Yin-yang è uno strumento interpretativo, una base sulla quale far fiorire la percezione e l'intuizione di una essenza che - per le caratteristiche proprie del pensiero estremo-orientale - deve poter avere anche dei risvolti pratici. Utilizzare, quindi, lo yin-yang per diagnosticare una malattia, per trovare una terapia, per l'alimentazione, per orientare una struttura o una costruzione abitativa, per comprendere una situazione, per seguire una giusta via, un comportamento corretto. Forse l'errore sta nel ritenere che si tratti di categorie fisse, mentre yin e yang variano continuamente, come la vita. All'inizio, quando si impara, è naturale fondare l'apprendimento su esempi e classificazioni stabilite; non così bisogna fare in seguito, quando si è assimilata la materia. In sintesi yin-yang è il sestante per seguire la via, è lo strumento per attingere all'intuizione profonda delle cose: per questo motivo l'interpretazione è libera e mutevole, perché - come la saggezza - sa trovare il valore concreto nelle circostanze che si trasformano costantemente, sa comprendere il significato riposto nell'istante presente.

martedì, novembre 15, 2005

Farmacopea cinese - il Ginseng.


Mi colpisce parecchio la capacità della farmacopea cinese di utilizzare praticamente TUTTO come farmaco, riuscendo a rintracciare le proprietà terapeutiche delle più varie sostanze minerali, vegetali e animali. Trovo straordinario che queste proprietà siano state accuratamente conosciute e catalogate da millenni con l'utilizzo una logica che differisce notevolmente da quella della nostra scienza moderna e, soprattutto, non ricorrendo ad analisi di laboratorio, ma alla semplice osservazione secondo i criteri della Medicina Tradizionale Cinese.

Per esempio, in occidente oggi conosciamo abbastanza bene il Ginseng. Il nome cinese è Ren Shen, il cui significato credo sia più o meno 'radice-uomo' a causa della sua forma vagamente antropomorfa. La Tradizione riconosce a questa pianta delle caratteristiche di grande efficacia, che anche il nome botanico in latino esprime bene: Panax Ginseng, la 'Panacea' o 'rimedio per tutti i mali'. Riflettendo su questa attribuzione di così elevato valore, viene da chiedersi in che modo i cinesi l'abbiano potuta riscontrare. Di solito si pensa che questo tipo di osservazioni siano empiriche, cioè dovute soltanto all'esperienza: come dire che certe proprietà si sono trovate casualmente e poi sono state convalidate e perfezionate dall'esperienza e dall'uso. Tuttavia è probabile che gli antichi sistemi di conoscenza - nei quali rientrano senza dubbio quelli della MTC - non procedessero realmente in questa maniera: l'antica scienza era perfettamente integrata con la filosofia, mentre i simboli, le analogie e la logica sintetica basata su una profonda visione del mondo costituivano guide sicure per l'osservazione dei fenomeni e la loro comprensione. Cos'altro sono yin e yang, i cinque elementi, le sei energie, eccetera, se non categorie simboliche, al tempo stesso capaci di donare chiara conoscenza intelletiva e indirizzo concreto all'azione?

Per tornare al Ginseng, le virtù terapeutiche che la Tradizione riconosce in esso sono all'incirca le seguenti:
1) tonifica lo Yuan Qi
2) tonifica Qi e sangue
3) genera i fluidi corporei
4) pacifica lo Shen (spirito, mente)
5) tonifica Milza e Polmoni
6) stimola la funzione sessuale
7) cura le sindromi con contemporanea deficienza di Qi e attacco di fattori patogeni esterni, Xie Qi.
La domanda è: al di là delle possibili osservazioni empiriche (pure utilizzate dall'antica medicina, che certo non disdegnava lo spirito pratico e la sperimentazione), come queste virtù potrebbero essere state scoperte? A mio parere un suggerimento può venire proprio dalla già citata forma della radice: in essa si può riconoscere un 'uomo', una sorta di 'homunculus'. Ricordiamo l'importanza che per la filosofia e la scienza cinesi riveste la Grande Triade, cioè il ternario Cielo – Uomo - Terra. Ebbene, il Ren Shen con la sua struttura sembra raffigurare concretamente il termine intermedio di essa, l'Uomo, il centro, il mediatore fra Alto e Basso, fra Yin e Yang, l’elemento dell’equilibrio. Già da questo possiamo spiegarci alcune delle indicazioni tradizionali del Ginseng, per esempio il rapporto con lo Yuan Qi e la tonificazione della Milza. Lo Yuan Qi, infatti, è 'energia originaria', sorgente stessa della vita, detta del 'Cielo Anteriore', cioè - diciamo - prenatale, genetica. Una radice, di per sé stessa simbolo dell'origine, all'interno della Terra (simbolicamente uguale al ventre e allo stato prenatale) e con una forma 'umana', cos'altro può 'tonificare' se non il Qi primordiale e originario dell'Uomo? E la Milza come organo profondo appartenente all'elemento Terra che contiene l'anzidetta radice, non è essa stessa centro dei 5 elementi, come l'Uomo lo è del ternario Cielo - Uomo - Terra? Se il Ren Shen, poi, tonifica il centro come Mediatore fra Alto e Basso, il suo effetto non può che essere l'armonizzazione degli altri due termini: nel corpo fisico-energetico ciò può alludere all'equilibrio del Riscaldatore Medio che influenza il Riscaldatore Inferiore e Superiore... Da qui l'effetto sui liquidi, il sangue e la funzione sessuale (Riscaldatore Inferiore), sulla Milza (Riscaldatore Medio) e sui Polmoni e il Qi(Riscaldatore Superiore).

Proseguendo il ragionamento, non è difficile spiegare anche le altre attribuzioni terapeutiche: è necessario ricordare, infatti, che la radice-umana all'interno del ventre terrestre indica con precisione l'origine della vita, il feto, lo stato pre-natale. Essendo questa condizione quella di massima protezione per la vita, di interezza e completezza prima dell'impatto con il mondo esterno, è naturale che il Ren Shen come farmaco contribuisca positivamente sia alla 'pacificazione della mente (Shen)', sia alla risoluzione dei casi in cui c'è deficienza di Qi all'interno e attacco di fattori patogeni dall'esterno.In sintesi, poi, per i motivi analogico-simbolici già illustrati, il Ren Shen potenzia la nascita, anzi la ri-nascita, cioè il rinnovamento dell'organismo, e ciò spiega la sua valenza complessiva di Panacea, 'Panax Ginseng'.

Maurizio

lunedì, novembre 14, 2005

Tai Ji Quan.


Per ciò che riguarda il carattere 'Ji' di Tai-ji devo dire che trovo piuttosto interessante la sua, diciamo, struttura etimologica. Affermo questo non perché io conosca il cinese, bensì perché sono molto interessato ai simboli e, quando riesco a trovare delle informazioni su un ideogramma, mi piace fantasticarci sopra cercando di rintracciarne i significati riposti.

L'ideogramma 'Ji', dunque, è composto di un radicale posto a sinistra che vuol dire 'legno', mentre a destra una struttura più complessa, con i radicali per 'mani', 'bocca' e quello raffigurante l'uomo fra cielo e terra. Questa parte destra sembra che implichi l'idea di sforzo, lotta, ansietà. Tutto insieme l'ideogramma Ji ha il significato di principio o punto estremo, ultimo.

Secondo me, a titolo di speculazione personale (non avendo maggiori conoscenze linguistiche), il radicale 'legno' sta a raffigurare proprio l'inizio, la primavera, la nascita, il principio, l'ascesa dell'energia. La parte destra dell'ideogramma specifica che tale principio riguarda la presenza dell'uomo nell'equilibrio cosmico degli opposti e la sua particolare attività che si esplica soprattutto con la parola (bocca) e la mano (azione concreta). Molti miti della creazione in tutte le antiche culture descrivono talvolta l'origine dell'universo e la comparsa dell'uomo come la 'separazione dei genitori mitici', appunto Cielo e Terra. Nel simbolico 'caos' primigenio tutte le cose sono miticamente mescolate, sono indifferenziate, i genitori mitici sono abbracciati in un amplesso creativo e indistinto. La particolarità dell'uomo è proprio di differenziare, di distinguere e successivamente unire - in altre parole di 'capire', essere cosciente. Lo fa con la 'bocca', dando un nome alle cose, cioè utilizzando la mente, e con la 'mano' che interviene nella struttura del mondo modificandola. Il vero principio della creazione, insomma, è quando l'uomo diviene consapevole di sé e di ciò che lo circonda: ciò, come nel significato etimologico accennato, implica lo sforzo, l'ansietà, come per un parto. 'Tai Ji', dunque, 'il Principio Supremo', potrebbe riferirsi proprio a quel momento, quello della nascita della... Coscienza.

Mentre scrivo mi viene in mente che quanto dico può direttamente collegarsi con un esagramma dell'I Ching (mi si passi la trascrizione), il numero 3, dove viene proprio indicata questa attività dell'uomo di distinguere, unire, ordinare nell'ambito della fase iniziale delle cose.In definitiva, mi piace pensare che il Tai Ji Quan, la 'Boxe del Grande Principio Supremo', possa raffigurare con il suo caratteristico movimento di danza proprio questo intervento dell'Uomo all'interno della Grande Triade, questa 'separazione dei genitori mitici' alla ricerca di una dimensione equilibrata e consapevole e, quindi, indipendente, libera.

Maurizio

Tè e caffè.


Quale potrebbe essere l'effettiva differenziazione fra tè e caffè secondo la logica della Medicina Tradizionale Cinese, cioè la 'bussola' dello yin-yang?.

La prima riflessione che viene da fare è che si tratta, in tutt'e due i casi, di bevande che sollecitano le componenti 'yang' dell'organismo: questo perché si tratta di sostanze psicostimolanti, cioè che eccitano il sistema nervoso centrale riducendo l'affaticamento, potenziando le capacità attentive, riducendo il sonno, eccetera. Sappiamo, poi, che la teina e la caffeina sono chimicamente uguali, cioè si tratta della stessa cosa, nonostante il nome diverso.

Tuttavia, a queste osservazioni generali, aggiungerei le seguenti:

- le sostanze che creano dipendenza, come in parte accade per queste in esame, hanno in ultima analisi una caratteristica fortemente 'yin'. Il concetto stesso di dipendere è 'yin', contrario rispetto alla creatività e alla libertà relativa dello 'yang' (relativa in senso logico, per la presenza di un opposto complementare). In altri termini l'eccesso di caffè o tè, generando assuefazione e dipendenza oltre che sovrastimolazione del sistema nervoso - può abbastanza facilmente produrre effetti molto 'yin', per esempio sonno, stanchezza, logorìo nervoso.

- Non si può pensare che il tè e il caffè siano uguali soltanto perché contengono la stessa sostanza attiva. Dal punto di vista estremo-orientale, infatti, le differenziazioni si fanno attraverso una attenta osservazione che prescinde dalle caratteristiche chimiche ed organolettiche, altrimenti essenziali per la moderna scienza occidentale. Queste caratteristiche possono integrare le valutazioni della MTC, ma non possono sostituirle. Cerco, dunque, di capire i termini di questa differenziazione nel caso delle bevande in questione. Naturalmente le osservazioni che seguono sono personali e possono essere incomplete o addirittura errate dal punto di vista di un vero terapeuta di MTC. Diciamo che qui mi diverto a fare due chiacchere sull'argomento.

1) Il caffè è ricavato dai semi dell'omonima pianta, mentre il tè è ricavato dalle foglie della pianta del tè. Secondo me il seme è più yang della foglia, che invece è più yin: il seme è portatore di una forte dose di energia condensata (quella della riproduzione della pianta) che sta per esprimersi ed espandersi attivamente, mentre la foglia - pur essenziale per la respirazione e l'acquisizione di Qi - è passiva, caduca, destinata ad essere sostituita. Potremmo anche dire che la natura di un seme è 'calda' o 'tiepida' perché contiene la vita, mentre la natura di una foglia è 'fresca' (lo capiamo bene in estate).

2) Anche culturalmente, dal punto di vista dei costumi, il caffè è più collegato all'attività, alla vita lavorativa, alla frenesia del movimento: soprattutto l''espresso' che - anche nel nome - suggerisce una certa rapidità: stiamo quindi parlando dello yang. Il tè, invece, si colloca meglio nelle pause distensive, necessita dell'interruzione dell'attività e lo sanno bene gli inglesi, degustatori di tè per tradizione. Il tè, inoltre, è una bevanda dissetante, cosa che non può dirsi del caffè. E', insomma, più yin.

Riassumendo: tè e caffè in dosi moderate sono yang, perché stimolano, perché contengono l'energia del Fuoco trasmessa loro dalla tostatura e anche dal clima in cui crescono le rispettive piante. Confrontando le due bevande come parte di un binomio, dovremmo dire che il caffè è più yang e il tè è più yin. In questo senso il tè sembra essere più equilibrato: alle componenti stimolanti, unisce un certo relax e la proprietà dissetante.

Maurizio